Tito Gobbi

Hanno detto di lui

"Il baritono italiano (Gobbi) è uno dei pochi grandissimi attori-cantanti del momento, il suo portamento aristocratico ed il suo naturale “sentire” parole e frasi lo rendono oggi unico."

Harold D. Rosenthal (“Opera”, 1959)

“Il suo rifiuto di perdere il controllo e la tranquillità dà la sensazione di una grande forza di carattere e di una natura solida. E’ così padrone del suo mestiere, così competente nella musica, così signorile nei modi che il suo stile semplice e piacevole e la sua efficace professionalità illuminano l’atmosfera di un ambiente quando vi entra.”

Ivor Newton (“At the piano”, 1966)

“Uno dei più versatili tra i grandi cantanti, Tito Gobbi, era capace di interpretare in modo assolutamente convincente la malizia di Gianni Schicchi, la perfidia di Scarpia, l’esuberanza del Figaro di Rossini, i patetici ma disarmanti resti della galanteria di Falstaff, la nobiltà d’animo e di pensiero di Simone Boccanegra.”

Kurt Pahlen (“Great Singers”, 1973)

“.. in Iago e Falstaff, due delle sue interpretazioni più amate, in cui abbina la profondità della caratterizzazione Skakespeariana con l’immediatezza di espressione tipicamente italiana, Gobbi è senza rivali nella varietà di inflessioni di tono, nella progressiva costruzione di un coinvolgente ritratto a tutto tondo….”

Alan Blyth (“British Music Yearbook”, 1975)

“Tito è stato uno dei più eccezionali artisti dei nostri tempi... per la sua profonda comprensione del personaggio... la ricerca diligente... l’osservazione acuta della natura umana... Tutto questo era fuso in una voce... che egli sapeva colorare per illuminare il testo, i pensieri ed i sentimenti del personaggio che al tempo stesso interpretava e viveva. Il contributo di Tito allo sviluppo dell’opera ed alla sua crescita come forma d’arte viva e vitale va al di là di ogni dubbio”

Sir John Tooley (“Opera”, 1984)

“Gobbi apparteneva a quella razza speciale che abbina canto e recitazione in modo da renderli inseparabili – la forma d’arte completa che l’opera esige al suo livello più sublime”

Michael Langdon  (“Opera”, 1984)

“… Uno di quei pochi, fra i più famosi cantanti, che se hanno dato vita al mito di se stessi non l’hanno fatto in virtù della loro liuteria vocale, che pur aveva tratti personalissimi e caratterizzanti, ma della loro intelligenza musicale e della loro cultura. …Tito Gobbi, diventato negli ultimi tempi regista, non faceva che continuare, insegnandola agli altri, una disciplina dell’intelligenza a cui era stato sempre fedele.”

Leonardo Pinzauti ( “La Nazione”, 1984)

“Per venticinque anni, almeno, Simon Boccanegra ha avuto voce gesti e intonazioni drammatiche di Gobbi…. Le mezze voci ch’egli emette nei momenti patetici (“Figlia!” nel finale del duetto con Amelia – “benedirla” nella scena della morte) non sono puri e vuoti suoni, sono moti dell’animo.”

Leonardo Bragaglia  (“Verdi e i suoi interpreti”)

“E' certo che se si tenta di riassumere la figura di Gobbi attraverso l'esame cronologico di una carriera vastissima e la straordinaria varietà di personaggi affrontati sul palcoscenico è difficilissimo negare di trovarsi di fronte a una personalità di cantante, di interprete, di attore che probabilmente non ha eguali tra le figure di baritono italiano.  Il rapporto con i colleghi, la stima per i grandi direttori con i quali aveva collaborato sono senza dubbio ulteriori tasselli di un mosaico che ci  porta a riguardare la figura di Gobbi come quella di un artista complesso, a volte criticabile, ma pur sempre appartenente a quella ristrettissima categoria di personaggi che hanno fatto la storia del Teatro Lirico negli ultimi cinquant'anni.”

Luca Chierici ( CD “Great Voices”)

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